Imperial Tiger Orchestra

Addis Abeba

a cura di Maurisio Seimani

Brillano gli artigli della tigre sotto il sole splendente di Addis Abeba e, con felina e feroce grazia, scendono impetuosi sulle nostre anime per lasciarci addosso ferite che non sarà facile dimenticare in breve tempo. Qui, amici musicanidi, siamo di fronte ad un disco di caratura superiore: è jazz, ma è un jazz appunto feroce, moderno, fresco, trascinante, ed allo stesso tempo esotico ed aggraziato. In questo "Addis Abeba" i grandi classici dell' epoca d' oro della musica etiope, alcuni suoi canti tradizionali, e diversi successi recenti della capitale africana, vengono riadattati e modernizzati dai bravissimi musicisti dell’Imperial Tiger Orchestra con risultati avvincenti: i fiati graffianti, l’ impeccabile tastiera, la chitarra ispirata dal fantasma di Gerry Garcia, l’impetuoso afro-beat di basso e batteria, si rincorrono con la perfezione che è propria di certe meravigliose scene di caccia felina. “Tigre! Tigre! Divampante fulgore nelle foreste della notte, quale mano, quale immortale spia, osa formare la tua agghiacciante simmetria?", si chiedeva un tempo il famoso poeta William Blake, e volendo apporre una breve nota a margine di questa recensione, come non segnalare, dunque, lo stupore che mi ha colto nell’apprendere come questa ensemble di meravigliosi musicisti, creatori di un' opera così calda e viscerale, provenga in realtà della fredda, “fighetta” e patinata Ginevra! Da quando in qua in Svizzera si nascondono tigri??? Mah...comunque sia: Dio ci preservi queste bestie rare. Loro e la loro agghiacciante simmetria.
In una parola: Tigri!
Giudizio: 4 palle e mezza.


Verdena – "WOW"
E’ possibile non consigliare l’ascolto del nuovo disco di un gruppo come i Verdena, soprattutto se trattasi di un doppio album contentente ben 28 pezzi inediti della sempre mutevole band bergamasca? No, non si può, e dunque non sarò certo io a venire meno a questo compito.
Però, una volta accettato il consiglio, per favore, venitemi anche a spiegare se questo disco è un capolavoro, se è semplicemente un buon disco, o, al contrario, se è un disco a cui manca a conti fatti qualcosa, perchè dopo sette ascolti io non l' ho ancora capito.
Senz' altro non è un disco mediocre, perchè la proposta dei Verdena è senza dubbio una delle più affascinanti dei nostri tempi: il loro talento, la loro creatività, il loro evidente disinteresse per qualsiasi logica commerciale (da cui scaturisce una non usuale e formidabile libertà creativa) non possono certo essere messi in discussione. Anzi, in tal senso i Verdena sono solo da applausi.
E così “WOW” si presenta come un lungo fiume sonoro in continuo mutamento, in cui confluiscono tutte queste qualità: si passa senza soluzione di continuità da sonorità care alla nostra musica leggera dei 70, a cori in stile Pet Sounds dei Beach Boys, fino al grunge di fine 90 e i Beatles, attraverso suite musicali tanto eterogenee quanto cangianti.
Visto quanto scritto finora, dunque, tutto parrebbe sostenere l’ ipotesi del capolavoro, eppure… Eppure al sottoscritto sembra che il disco non riesca a mantenere la stessa intensità per tutta la sua ampia durata e che, ancora una volta, il particolare uso del cantato della band ed il loro approccio ai testi (sempre volutamente asserviti alla struttura musicale dei pezzi, più che all’esigenza di cantare realmente qualcosa) non sia adatto a funzionare su ogni canzone e che anzi, spesso, finisca per costituirne un limite. Detto questo, ovviamente, il consiglio resta valido: chiunque apprezzi la musica non dovrebbe farsi mancare l’esperienza di confrontarsi con un lavoro tanto “libero” ed ambizioso. Foss’anche solo per rimanere col dubbio che forse ci si trovi davvero a che fare con un capolavoro della nostra musica. Hai visto mai… e poi, molto più semplicemente, perchè non poche canzoni di questo album sono comunque veramente molto belle.
In una parola: WOW?
Giudizio: 4 palle




Social Distortion
Hard Times and Nursery Rhymes

Per chi non li conoscesse i Social Distortion sono una band Californiana dalla lunga storia, considerata da tanti come una delle band più influenti della scena punk-revival degli anni 80.
Del gruppo originario, formatosi nel 1983, ormai è rimasto solo il leader Mike Ness, che negli anni ne è anche stato, come vedremo, la stella più splendente ed il maggior problema.
Hard times and Nursery Rhymes è il loro settimo album in studio, il precedente “Sex love and rock and roll” era uscito nel 2004.
Non proprio una band prolifica insomma, ma bisogna considerare che ciò che ha fatto di questa band una leggenda, insieme alla sua musica energica e genuina, è stato anche e soprattutto lo stile di vita turbolento e conseguentemente artisticamente discontinuo di Mike Ness.
Il gruppo si è sciolto più volte e più volte è entrato in pausa riflessiva, mentre Mike usciva ed entrava, a causa dell’ eroina, da centri di recupero e prigioni americane. Una storia rock di quelle vere insomma. Riguardo alla musica, Hard Times &… è meno punk dei dischi precedenti e più vicino al country ed alla musica roots degli States, che Mike Ness non ha mai rinnegato, tanto che già negli anni ‘90 qualcuno definì il loro genere Cow-Punk.
In sintesi, nulla di nuovo: musica ruvida, tradizionale, ruspante, e bastarda quanto serve. Nel mezzo, anche una bella cover di un pezzo di Hank Williams. Ma qui la musica c’ entra fino a un certo punto, comunque, perché chi ama i Social Distortion è soprattutto di loro che si fida. Perché qui, ciò che conta, è ciò che alla musica sta dietro. Ossia una storia rock di quelle vere, appunto, una storia rock d’ altri tempi. Una storia da vecchi film in bianco e nero, della quale, ascoltando canzoni come Machine Gun Blues, si può ancora respirare tutta l’ atmosfera.
In due parole: Inglorius bastards
Giudizio: 3 palle.

Saluti a tutti i musicanidi e auguri agli amici della Latteria Molloy per eventuali nuovi progetti che vorranno intraprendere. Ci rivediamo a fine febbraio,


Maurisio Seimani

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